lunedì 31 marzo 2014

I MIGRANTI DEL CONTINENTE AFRICANO: UNA PIAGA INSOLUTA CHE GENERA TRAGEDIE


I MIGRANTI DEL CONTINENTE AFRICANO: UNA PIAGA INSOLUTA  CHE GENERA TRAGEDIE

 

Le notizie che oggi ci giungono sempre più tragiche ed allarmanti dalle sponde del Mediterraneo, dai confini meridionali della Sicilia ed in particolare dall’isola di Lampedusa a proposito dell’inabissamento delle cosiddette “Carrette del mare” e dell’annegamento di centinaia di migranti provocano sgomento e nel contempo una sensazione di impotenza data la vastità del fenomeno che colpisce così tante persone in cerca di un riparo dalla miseria più nera, dalla mancanza di libertà, da guerre senza fine in definitiva popolazioni senza un barlume di speranza in un futuro più accettabile. Sono persone disperate di ogni età, anche bambini molto piccoli, che vengono sottoposti durante il tentativo di migrazione dalle loro terre di origine ad angherie, soprusi e violenze di ogni tipo (soprattutto per quanto riguarda le donne) da parte di personaggi criminali senza scrupoli che, in cambio di cifre esorbitanti, promettono un rifugio insperato verso le coste europee attraverso viaggi insicuri che in definitiva si traducono in veri e propri calvari su imbarcazioni prive di qualsiasi elementare confort e molto antiquate sul piano della tecnologia di navigazione.

   I migranti fuggono dalle loro patrie che un tempo furono terre di conquista da parte di alcuni stati europei che, in nome di un’idea di dominio smisurato, imposero con la forza politiche basate sullo  sfruttamento e sul controllo economico illimitato. Questo tipo di espansionismo irriducibile si trasformò in una forma di imperialismo che si tradusse in  una tendenza all’allargamento dei propri confini d’oltremare e nel contempo nell’imposizione di eventuali sbocchi commerciali alle proprie produzioni. Tali politiche contribuirono a trasformare la popolazione locale in un insieme di esseri umani privi di ogni diritto. Pertanto la loro fuga oggi non ha alternative, ma è sollecitata soprattutto da quell’innato istinto di sopravvivenza presente in ogni essere vivente. La necessità di tale scelta è così grande che mettono in gioco la loro identità, il loro senso di appartenenza e perfino una  loro  eventuale tragica fine. Tale forzata migrazione verso l’Europa, che risulta essere un vero e proprio Exodus non nasce per caso, ma ha delle precise origini  nel passato. L’Europa ed in particolar modo l’Italia  dalla fine dell’ottocento e fino agli anni ’30 del  secolo scorso, a causa dell’eccedenza della popolazione e per una conseguente grave crisi di posti di lavoro  dovuta alla nascente rivoluzione industriale  il tutto associato  a disordini sociali e da malcontenti insanabili, avevano bisogno di uno spazio vitale maggiore dove trasferire un  certo numero di persone al fine di risanare questo squilibrio demografico. Questa politica di conquista  non presentò un volto umano né un fine modernizzatore al contrario  considerò i popoli soggiogati,   a torto, esseri inferiori e pertanto   furono impiegati nei  lavori più umili e più faticosi in cambio di modeste ricompense salariali e fu imposto a loro di vivere in abitazioni primitive nei sobborghi più periferici delle  città; non furono  offerti   i mezzi per acculturarsi e per progredire nella scala sociale, né per rinsaldare il senso di appartenenza alla loro terra e alla loro bandiera, in breve fu negata ogni integrazione sociale; tutto ciò si tramutò in una assenza completa di promozione umana.  Qualche storico dell’epoca continua a riferire enfaticamente a proposito dei  miglioramenti apportati dai colonizzatori di allora alle infrastrutture dei luoghi di approdo come ad esempio: la costruzione di ponti, di strade, di ferrovie, di ospedali, di scuole; se queste migliorie furono realizzate  certamente  furono scarsamente  al servizio della popolazione locale. Questa politica colonizzatrice  esercitata per decenni  si esaurì progressivamente con la fine della seconda guerra mondiale. Ciò fu dovuto sia ad un indebolimento economico post-bellico  delle grandi potenze europee sia alla pubblicazione della cosiddetta “Carta Atlantica” dettata da W. Churchill e da F. D. Roosvelt in cui si enunciava il diritto di autodeterminazione  di tutti popoli sottoposti a dominazione straniera e la conseguente affermazione universale dei diritti di libertà.

Come si è visto  la politica coloniale in tanti anni  non soltanto non aveva creato alcun progresso tangibile nella vita di milioni di persone, ma lasciava anche in eredità molteplici problemi di grave sottosviluppo aggravati  dai meccanismi dell’economia mondiale; il tutto  in definitiva aveva reso difficile non soltanto la nascita dell’indipendenza africana ma anche  la creazione di Nazionalità distinte ed autonome. A peggiorare questa problematica  si associava la multiforme  etnia dei vari popoli africani, l’importanza  sul piano economico della loro  residenza in aree costiere o dell’entroterra in una stessa regione, la presenza di fedi religiose diverse  oltre ad una esplosione demografica  gigantesca e senza precedenti dovuta ad un mancato controllo delle nascite; a conferma di ciò basta ricordare  che la popolazione africana nel 1970 era di 400 milioni e ai giorni nostri sfiora il miliardo.

Date queste premesse si può dire tranquillamente che le migrazioni massicce dei nostri giorni non si possono definire spostamenti biblici, ma sono invece legate a pregresse  politiche  non lungimiranti che non hanno favorito una promozione umana civilizzatrice, ma al contrario hanno permesso situazioni ambientali invivibili, precarie condizioni sociali, miseria per scarsità di lavoro, un’assenza di scolarità,  una sanità pubblica inesistente o quantomeno di cattiva qualità e certamente non gratuita nei riguardi delle persone senza reddito; a completare questo  quadro tragico  anche oggi in assenza di democrazia vengono inflitti persecuzioni e carcere per chi si ribella in un clima di  guerre fratricide senza fine.

    Sono tutti questi elementi che oggi  fanno emergere nei popoli africani  il forte desiderio di libertà che si traduce in una decisione irrefrenabile di fuga riponendo ogni loro speranza nelle traversate del  Sahara e del Mediterraneo organizzate  da  bande di criminali a cui per necessità  si affidano quotidianamente  con i risultati tragici che sono sotto gli occhi di tutti. Da quanto sopraesposto  è logico definire queste migrazioni di massa un fenomeno fisiologico, storicamente giustificato ed attualmente  ineluttabile, altro che definirlo illegale e sanabile con l’incarceramento  di questi malcapitati e di chi, mosso da sentimenti di solidarietà umana, offre in mare un aiuto per salvare la loro vita. Al contrario dovrebbero trovare calda accoglienza e in quanto profughi, nella maggior parte di essi, hanno il diritto internazionalmente riconosciuto di essere considerati rifugiati politici  provenendo da paesi governati da dittature in perenne stato di guerra. L’Italia in primis e tutta l’Europa si devono far carico di risolvere questo grave problema che attualmente esiste e di cui esse stesse ne sono l’origine. L’Europa in particolare non  può tirarsi fuori ignorando il fenomeno migratorio e affermando che è soltanto un problema italiano. Prima di tutto perché l’Italia fa parte della Comunità Europea, ma anche perché molti stati europei in un passato recente svolsero una politica colonizzatrice in Africa  che si caratterizzò per lo sfruttamento delle terre conquistate in assenza di una promozione sociale per la popolazione di allora. Se i governi europei fossero oggi lungimiranti, allo scopo  di ridurre il fenomeno migratorio, dovrebbero concorrere tutti allo sviluppo dei Paesi africani invece di  lasciarli vivere nella miseria  negando ogni evidenza storica. Soltanto in questo modo il Mediterraneo cesserebbe di  essere    la tomba di milioni di disperati e  tornerebbe  ad essere  un confine sicuro e naturale per l’Europa intera oltre che  il Mare Nostrum culla da sempre di civiltà e di progresso.

     

 

 

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