Nel 1984 fu assegnato il Premio Nobel
per la Medicina a tre scienziati: G. Kohler, C.Milstein e a N. K. Jerne perché
mettendo a punto la cosiddetta “Fusione Cellulare”, come dirò più avanti, diedero un impulso notevole per l’ottenimento dei cosiddetti
“Anticorpi Monoclonali” (mAb) che tanta importanza hanno oggi e soprattutto
avranno in futuro per la terapia di alcune malattie fino ad ora non completamente curabili. Essi si possono definire in modo più appropriato farmaci biologici perché sono proteine e non sostanze chimiche
che permettono di attuare una specifica immunoterapia in quanto combattono
alcuni fattori (i cosiddetti promotori di alcune patologie) che in
sostanza rappresentano gli antigeni o
sostanze estranee per i quali sono stati
creati.
Il medesimo termine Anticorpo suggerisce che la loro azione si basa sul
contrasto e quindi sulla inattivazione
dei fattori sopracitati e nel contempo sul rispetto e sulla salvaguardia
del nostro patrimonio cellulare sano. Pertanto agiscono in modo intelligente
riducendo l’insorgere di effetti
collaterali gravi come purtroppo succede impiegando altre terapie più
aggressive e meno specifiche.
Generalmente gli anticorpi, chiamati anche Immunoglobuline, sono prodotti dai Linfociti-B (una sottospecie
di Globuli Bianchi) quando vengono a contatto con sostanze estranee. Il termine Monoclonale deriva dalla
parola Clone che designa una popolazione di cellule identiche sul piano
genetico in quanto derivate da un’unica Cellula Madre e che riconoscono
soltanto una specifica sostanza estranea.
Per comprendere meglio la loro natura è necessario accennare alla
metodica con la quale sono stati prodotti. All’inizio i Ricercatori hanno utilizzato come cavia il
topo in quanto, è risaputo, che possiede
un’organizzazione del Dna e l’espressione dei suoi Geni molto vicini a quelli
umani. In esso hanno inoculato una determinata sostanza estranea; dopo essere
stati sensibilizzati i Linfociti-B sono stati prelevati e sono stati posti in uno specifico mezzo di coltura
insieme a cellule derivate da un tumore
del midollo osseo umano (mieloma). A
questo punto le due specie cellulari si sono fuse con l’aiuto di una
determinata sostanza chimica (ecco la
fusione che ha meritato il Premio Nobel prima ricordato); le cellule ottenute erano dei linfociti particolari perché avevano
la capacità di produrre anticorpi specifici in modo illimitato in
quanto per una parte derivavano da una cellula tumorale in linea teorica
immortale.
Purtroppo l’uso clinico nell’uomo di
questi anticorpi è stato abbandonato perché
oltre ad essere poco efficaci davano luogo ad effetti collaterali gravi in quanto la loro origine in parte era derivante dal
topo e pertanto non risultavano
compatibili nell’uomo. Fortunatamente attraverso una evoluzione tecnologica
sempre più avanzata, basata sull’impiego della cosiddetta Ingegneria molecolare,
che manipola, sottrae, aggiunge e
trasferisce geni da cellule diverse, è stato
possibile sostituire tutte le parti della struttura dell’anticorpo derivanti dal
topo, con componenti anticorpali di
origine umana, lasciando intatta quella
porzione di origine murina (topo) che era predisposta fisiologicamente a legarsi all’antigene; ciò è stato possibile
perché ogni anticorpo è composto da diverse parti intercambiabili. Con questa
metodica si sono creati alcuni mAb che
sono stati definiti “Umanizzati” e che sono risultati abbastanza compatibili e nello stesso tempo efficaci
una volta inoculati nell’uomo.
Al fine di rendere gli mAb completamente di origine umana e quindi molto
più efficaci, con una durata di vita maggiore e scevri da effetti secondari si è preso in considerazione, per la loro
produzione, il cosiddetto “Topo
Transgenico” cioè una cavia alla quale nel suo primissimo
stadio di embrione sono stati introdotti dei Geni umani che codificavano
per gli anticorpi ( cioè quando si inoculavano antigeni nei topi, questi ultimi producevano anticorpi
umani). La tecnologia per umanizzare gli mAb ha rappresentato per la scienza
una rivoluzione epocale. Oggi è molto
diffusa la loro produzione e avendo superato ormai da tempo i test clinici,
sono disponibili , a parte il costo proibitivo per le casse statali.
Alla fine di un lungo percorso caratterizzato da diverse tappe si è avverato il sogno di impiegare
armi immunologiche per combattere malattie di diversa origine;
infatti possono essere usate con successo per curare oggi alcuni tumori,
sperando che in futuro si possa combatterli tutti, alcune patologie autoimmunitarie,
alcune affezioni di tipo degenerativo
riguardante ad esempio la Retina oculare e per ultimo il Rigetto di un organo trapiantato
resistente alle comuni terapie. Tali farmaci biologici rappresentano delle
sostanze innovative che stanno cambiando la storia naturale dei tumori e in
particolar modo di alcune forme di
Linfomi e Leucemie, dei melanomi oltreché del cancro della mammella in fase
avanzata e del colon. Il loro meccanismo
d’azione è basato principalmente sul
fatto che essi legandosi ad un recettore specifico delle cellule malate
(ad esempio nei linfomi alla proteina
CD-20, fondamentale per la vita delle stesse e con la quale era stato costruito in laboratorio
il relativo anticorpo) rende queste ultime più evidenziabili e quindi più
riconoscibili da parte del sistema immunitario al fine di una loro eliminazione;
inoltre hanno la capacità di bloccare i
cosiddetti Fattori di crescita
responsabili della proliferazione disordinata delle cellule. Ad esempio
il Cetuximab un mAb utilizzato per la
terapia dei tumori del colon, della Testa e del Collo si lega ai recettori
cellulari bloccando il cosiddetto Fattore di crescita l’EGF (Epidermal Growth
Factor) impedendo in tal modo la loro
progressione. Un altro tipo di mAb il
Bevacizumab ( meglio conosciuto come Avastin) utilizzato per i tumori del
cervello, del colon, del polmone, blocca
un altro Fattore di crescita specifico che promuove la formazione di nuovi vasi
sanguigni indispensabili per la nutrizione del tessuto tumorale arrestando in
tal modo il suo sviluppo. Al fine di migliorare la loro efficacia è
stato reso possibile l’impiego di mAb coniugati con una sostanza citotossica
oppure con un elemento radioattivo (Ittrio-90). Questa unione ha
permesso di veicolare tali
sostanze soltanto a livello delle cellule tumorali evitando di intossicare e di
irradiare quelle sane.
Un ulteriore impiego di alcuni di essi è stato esteso alla cura delle varie
malattie autoimmunitarie tra cui l’artrite reumatoide o l’ileo-colite cronica (Morbo
di Crohn) che si basano su un malfunzionamento dell’attivazione del Sistema
immunitario. All’uopo è stato creato un mAb, denominato Infliximab, contro il
promotore di queste affezioni rappresentato dalla Linfochina TNF (Fattore di
necrosi tumorale) prodotta da specifici Linfociti (Th1) e responsabile dell’origine e del mantenimento di uno stato infiammatorio.
Un’altro campo di applicazione del
sopracitato Avastin riguarda una patologia oculare e cioè la Degenerazione maculare
retinica associata ad una neo-genesi di vasi sanguigni. Agisce bloccando il
promotore VEGF (cioè il Fattore di Crescita Vascolare) e, attraverso iniezioni
intraoculari, impedisce l’istaurarsi di
una cecità irreversibile.
Per ultimo vorrei ricordare l’impiego di un altro mAb (Basiliximab) che agisce bloccando il
Rigetto di un trapianto d’organo in quanto annulla la funzione dell’antigene CD-25 dei linfociti e quindi la loro superattivazione
che è alla base della perdita
dell’organo.
Quanto sopra riportato vuole avere l’intento di fornire una conoscenza per sommi capi riguardante la nuova realtà terapeutica
incentrata sugli Anticorpi Monoclonali che oggi rappresentano non soltanto una
speranza, ma anche una certezza per sconfiggere in maniera definitiva malattie
che fino a qualche anno fa risultavano invincibili. La loro scoperta
rappresenta una svolta decisiva soprattutto in campo oncologico; l’aveva sognata oltre un secolo fa Paul Erlich (Padre della chemioterapia e
Premio Nobel per la Medicina nel 1904) che aveva intuito che il cancro era un
corpo estraneo e come tale doveva essere vinto mediante l’Immunologia. Il tempo
e la genialità di molti ricercatori hanno premiato la sua intuizione e nello
stesso tempo hanno reso possibile conoscere l’origine di alcune malattie invalidanti e la loro relativa cura. Spero di aver reso un po’ più comprensibile un
argomento ostico soprattutto per i non addetti ai lavori, argomento che comunque
ci introduce in settori affascinanti
della medicina come la Genetica e l’Immunologia che lavorano in simbiosi per rendere più accettabile la nostra
condizione umana da sempre desiderosa di un futuro migliore.
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