IN RICORDO DI MEREDITH KERCHER
Ricorre in questi giorni il quinto anniversario della uccisione della giovane studentessa inglese avvenuta nel centro storico di Perugia in modo misterioso e che purtroppo due gradi di giudizio del relativo processo non sono stati sufficienti per scoprire tutti gli autori dell’omicidio, il movente dello stesso e le circostanze che lo determinarono. Avendo avuto la possibilità di seguire le varie fasi dell’iter giudiziario sento la necessità di rendere omaggio alla vittima per la sua giovane età, per la morte prematura, per il dolore immenso dei genitori e dei fratelli che con dignità non si rassegnano per la sua morte violenta ed immotivata ed anche perché alcuni autori del crimine continuano a rimanere impuniti.
Scrivendo queste note credo di interpretare il sentimento dei cittadini di Perugia che accolsero la sentenza di secondo grado con indignazione e con rabbia, perché credevano e credono nella colpevolezza dei due fidanzati Amanda e Raffaele, e quindi vivono la vicenda come una grossa ferita non rimarginata in attesa delle decisioni della Corte di Cassazione (25-marzo-2013) per una soluzione giusta del tragico caso.
Per inciso una grande parte degli americani è convinta anche oggi della colpevolezza dei due giovani imputati malgrado negli USA al tempo del processo giungevano soltanto notizie filtrate e nettamente di parte dello stesso. Personalmente posso testimoniare che alcune net-work d’oltre oceano presenti a Perugia nelle pause delle udienze mi chiedevano di rilasciare un’intervista a patto che io stesso fossi convinto sull’innocenza soprattutto dell’imputata, altrimenti non si registrava nulla.
Ecco una semplice prova della disinformazione e della trasmissione dei fatti in una unica direzione. Mi dispiace sottolineare che la vittima fino ad oggi non è stata onorata nel modo adeguato perché non sono stati presi nella dovuta considerazione alcuni indizi legati all’indagine che avrebbero potuto favorire l’emergere e l’affermarsi della verità; infatti a tutt’oggi si è evidenziata solo quella processuale. A tal proposito ricordo che la grande scrittrice inglese di thriller Agata Christie affermava che due indizi importanti potevano costituire una prova. Oggi nell’era del DNA purtroppo si dà poco valore ad essi al fine del raggiungimento della verità.
L’ivoriano Rudy Guedè, inchiodato da prove schiaccianti, attualmente risulta l’unico colpevole e sconta in carcere una condanna definitiva a 16 anni, solo perché strategicamente ha scelto nel suo processo il rito abbreviato; ma la sentenza che l’ha condannato recita che l’imputato risulta l’autore della morte di Meredith insieme a altri soggetti sicuramente presenti nella scena del delitto (a detta degli esperti era tecnicamente impossibile uccidere la studentessa inglese senza la partecipazione di più persone).
Risulta netta la contraddizione della sentenza in Appello che ha assolto i due giovani imputati per non aver commesso il fatto. Peraltro è assodato che Guedè li conosceva e che la sera prima del delitto erano stati insieme a celebrare la festa di Halloween. Mi chiedo quale poteva essere il suo interesse a coinvolgere degli estranei a partecipare al fatto criminoso? Sicuramente non era il modo per alleggerire la sua colpa e quindi la sua eventuale condanna. In questo caso la coerenza gli dà ragione; infatti non si è smentito nel racconto fatto ai giudici dell’accadimento dei fatti.
Ciò che ha determinato l’assoluzione dei due fidanzati è stata la dimostrazione, da parte dei superperiti nominati dalla Corte (dott.ssa Carla Vecchiotti e dott. Stefano Conti) di una quantità irrilevante e quindi non attendibile del DNA di Sollecito sul gancetto strappato del reggiseno della vittima, quello di quest’ultima sulla lama del coltello e quello di Amanda sul manico dello stesso, ritenuto la presunta arma del delitto; sono giunti a questa conclusione dopo aver preso in esame i grafici (i cosiddetti elettroferogrammi) precedentemente presentati, nel primo grado del processo, dalla biologa della Scientifica di Roma (dott.ssa P. Stefanoni) che al contrario li riteneva validi, secondo i protocolli internazionali, per affermare la presenza del Dna degli imputati sicuramente sugli oggetti in questione. A tal proposito riporto un’affermazione di un notissimo genetista forense il Prof. G. Novelli che disse al processo che oggi è possibile avere delle sicure diagnosi identificative dal DNA estratto anche da una sola cellula.
In breve il giudice togato accettò le conclusioni dei periti da loro nominati che negavano la presenza degli imputati sulla scena del delitto e adottò un principio del Codice di Diritto Romano che recita: “In dubio pro reo”.
Per la gente comune è difficile pensare che solo il test del DNA possa rappresentare sempre la prova regina come in questo caso delittuoso in cui non risulta univoco l’esito delle due perizie eseguite da diversi genetisti forensi. Perché molti indizi, pur molto discutibili sull’innocenza dei due imputati, non hanno avuto alcuna importanza nel determinare la sentenza del secondo grado?
Nel primo processo sono stati sentiti molti esperti che hanno espresso autorevoli giudizi in tutte le sfumature della scena del delitto e del comportamento degli imputati come: l’appartenenza delle macchie di sangue, il tipo di proiezione delle stesse nella stanza del delitto, le impronte digitali, la conformazione anatomica dell’avampiede di Sollecito, l’orario della morte della vittima, l’ora dello spegnimento del computer e dei cellulari nella notte del delitto, l’acquisto di una provvista abbondante di un detersivo (varecchina) la mattina molto presto del 2 novembre da parte di uno dei due imputati e che inondò con il suo caratteristico odore la casa del Sig. Sollecito come affermò la polizia, il gridare e il vociare di più persone nella notte del crimine con fuga relativa lungo una scala metallica antistante la villetta del delitto, la calunnia dell’imputata contro il sig. Lumumba per la quale fu arrestato per 15 giorni e poi rilasciato perché innocente, l’uso abituale di droga da parte degli imputati. Questi sono gli indizi che sicuramente meritavano più considerazione nel determinare la sentenza, peraltro quasi tutti sfavorevoli agli imputati.
Onestamente dopo questa tragedia, mi sarei aspettato un comportamento diverso da parte dei due imputati ancora sub-iudice e dei loro parenti. Ho la sensazione che la pena detentiva invece di averli resi più responsabili, più adulti, più riflessivi, più maturi li abbia spinti ad essere più superficiali (Amanda dopo qualche settimana dalla sentenza ha sentito il bisogno di celebrare la festa di Halloween indossando costumi grotteschi che tutto esprimevano tranne un grande dolore per la scomparsa di Meredith che aveva definito una cara amica.
Per ambedue gli imputati la tragica vicenda ha scatenato un forte stimolo a realizzare importanti business milionari dando alle stampe, con l’aiuto di famosi esperti del settore, libri di memorie e verità personali a loro favorevoli argomentate ad hoc per risultare essi stessi estranei ai fatti. Al contrario alla famiglia della vittima non è rimasto che lutto, sofferenze indicibili, in breve una tragica esistenza che è propria di chi perde una giovane figlia in maniera violenta e soprattutto senza aver ottenuto fino ad oggi la giustizia che merita. Che contrasto inaccettabile vedere da una parte gli imputati, in particolare Amanda, essere accolti nei loro luoghi di provenienza come eroi circondati da clamore immeritato, da fotoreporter, richieste di interviste, promesse di carriera, dall’altra un’accoglienza nella loro patria dei famigliari e della salma della povera vittima senza promozioni mediatiche e senza alcun risarcimento morale e materiale!
In questi ultimi giorni la città di Perugia ha messo in atto una iniziativa positiva a favore della memoria della vittima e sostenuta dal suo Sindaco, dall’Agenzia del Diritto allo Studio e dall’Università degli Stranieri istituendo una Borsa di Studio al nome di Meredith, un modo appropriato per ricordarla a lungo nel mondo degli studenti al quale lei stessa apparteneva. A parte questo encomiabile gesto l’auspicio di tutti e che la “Verità Assoluta” possa affermarsi nelle giuste sedi perché solo in tal modo lo spirito di Meredith potrà trovare la pace e il riposo che merita. Altrimenti non ci rimane che sperare in una Giustizia Superiore che non appartiene a questo mondo, ma che sicuramente pareggerà i conti che la giustizia degli uomini fino ad oggi è stata incapace a fare.