lunedì 31 marzo 2014

LA MALATTIA DI ALZHEIMER: UNA DIAGNOSI PRECOCE PUO’


 
Avendo  conosciuto  indirettamente il dramma di chi è affetto dalla Malattia di Alzheimer sento la necessità di rendere nota  l’importanza di una sua diagnosi  precoce al fine di impedire  che la stessa  con il tempo  si manifesti in tutta la sua gravità, perché in tal caso l’irreversibilità diventerebbe la regola.  L’Alzheimer,  inserita dall’OMS tra le priorita’ globali  della Sanita’ pubblica mondiale,  anche per l’alto costo per le casse degli Stati (circa 650 miliardi di dollari l’anno), nella sua forma avanzata può essere definita una grave degenerazione di alcune aree  cerebrali che si manifesta clinicamente con  una grave demenza caratterizzata dalla perdita della memoria a breve e lungo termine, dalla riduzione del pensiero e del potere cognitivo, dallo spegnersi dei rapporti interpersonali che condannano il malato a vivere un’esistenza  di tipo vegetativo.

  Gli studi specifici sull’argomento  hanno evidenziato che i meccanismi che portano alla malattia conclamata iniziano  anche  venti anni prima che si instauri  una grave  riduzione del potere cognitivo.

  Non essendo oggi disponibile una terapia efficace, è importante  orientarsi verso la sua prevenzione o quanto meno verso lo spostamento della sua insorgenza possibilmente  più avanti nel tempo, ricordando di non considerarla un fenomeno ineluttabile della vecchiaia e quindi un prezzo da pagare per la nostra eventuale longevità. Pertanto la Scienza Medica, avendo molti anni a disposizione prima dell’instaurarsi della tragica e definitiva  situazione clinica,  può mettere in atto dei provvedimenti diagnostici clinici e strumentali  che ne permettano la scoperta  al suo  esordio peraltro poco sintomatico (a parte la presenza di una saltuaria smemoratezza) e insieme predisporre presidi comportamentali validati sul piano scientifico contro  l’evolversi della malattia quali: l’adozione di una  alimentazione corretta “Golden Standard”  per il cervello in associazione all’esercizio fisico costante, alla pratica  di  attività utili per socializzare,  di attività  cognitive  come letture, ascolto della musica, la soluzione di rebus ed infine di attività ricreative come il ballo, lo sport,  il  gioco e l’ascolto o la visione di   programmi  e spettacoli  formativi non stressanti.

   Dal punto di vista anatomico l’elemento  che caratterizza la malattia è la formazione di accumuli (Placche) di una sostanza di natura proteica chiamata  Beta-amiloide che si deposita tra le cellule nervose  inglobando le relative fibre, dapprima localizzate in un’area del cervello chiamata Ippocampo  che ha un ruolo nel consolidamento della Memoria a breve e a  lungo termine, quindi  anche a livello della corteccia cerebrale parietale, che è  deputata tra l’altro a fornire l’orientamento temporo-spaziale del  paziente. Tale sostanza risulta estremamente tossica  per le suddette cellule nervose in quanto  provoca il rilascio di sostanze ossidanti che alterano la chimica che presiede alla loro vitalità. La stessa promuove una  modificazione strutturale di una seconda proteina   denominata “Proteina Tau”  che   distrugge l’impalcatura   cellulare   lasciando come esito anomali grovigli cicatriziali. Il risultato è la  riduzione della comunicazione intercellulare che è  alla base dei vari disturbi presentati dai pazienti.

  Sfruttando l’importanza di queste due sostanze come elementi causali  si è visto che a scopo diagnostico è possibile dosarli nel Liquor mediante una semplice puntura lombare; una riduzione della prima ed un aumento della seconda rappresentano un primo approccio per formulare la diagnosi. Inoltre poiché  nel 25% dei pazienti  la causa è ereditaria,  può essere utile effettuare  un test specifico del Dna. Nella forma più frequente che compare  (dopo i 65 anni) si è scoperto che esiste nel Cromosoma 19 un Gene anomalo denominato ApoE-4 capace di produrre una particolare proteina che unendosi alla Beta-amiloide la rende più  tossica: questo dato genetico  può rappresentare un ulteriore campanello d’allarme, ma  non una certezza che la malattia possa instaurarsi perchè questo gene può essere disattivato con l’esercizio fisico o con la somministrazione di potenti antiossidanti come la vitamina E (Neal D.  Barnard, 2013)

   Un altro modo  per diagnosticarre tale malattia  è l’impiego della “Neuro Imaging”; il cervello può essere sottoposto  a scansioni con esami strumentali   come  la Risonanza Magnetica, la Spect e  la Pet:  la prima permette lo studio accurato della Struttura del tessuto cerebrale evidenziando  una riduzione di volume dell’Ippocampo  e gli iniziali depositi della Beta-amiloide; con la Spect si rileva  una  riduzione dell’afflusso di sangue e  con la Pet  una  diminuzione del metabolismo a livello della suddetta area (ambedue segni tipici iniziali di tale malattia).

 E’ auspicabile che lo sforzo di sensibilizzazione  per far  conoscere sempre meglio  la Demenza di Alzheimer possa portare  ad un suo riscontro diagnostico precoce   quando i danni risultano lievi e quindi compensabili. Purtroppo quando si è verificata la diffusione in altri  distretti cerebrali per un ritardo di diagnosi ogni tentativo riabilitativo  risulta scarsamente  efficace.  Oggi poiché  non esistono  farmaci  validi  (scarsi i miglioramenti, mai la guarigione) senza pesanti effetti collaterali  è necessario ricorrere a metodi terapeutici naturali che sono noti da sempre   per mantenere in salute il cervello.  Faccio riferimento ad un cambio di direzione dell’alimentazione attualmente orientata sull’uso esagerato di cibi pieni di grassi saturi (carni e latticini di ogni tipologia e di ogni provenienza) in quanto risultano svolgere un’attività pro-infiammatoria che rappresenta un’ulteriore concausa della demenza. L’adozione della Dieta Mediterranea al contrario  rappresenta un buona scelta  per limitare i danni di un Alzheimer incipiente in quanto ricca di Acidi grassi essenziali  (gli omega-3 che  per il 60% risultano essere i componenti delle strutture cerebrali),  di frutta fresca e secca e di verdure  che contengono  tutte le  vitamine ben 18  (in particolare: E, B12, B6, Acido folico) e tutti  micronutrienti  naturali (ben sedici) come il cromo ,lo zinco, il rame e molti altri che risultano essenziali per accelerare  il metabolismo e  la disintossicazione quotidiana  mantenendo  in perfetto equilibrio tutte le funzioni cerebrali. Peraltro è necessario bandire, perché non assimilabili,  questi ultimi microelementi confezionati in laboratorio.  Mi chiedo come è possibile oggi alimentandosi in maniera scriteriata vivere in salute? E’ necessaria  una dieta più armonizzata con la natura per impedire o  rallentare, se presente,  un incipiente  declino cognitivo.

    Un altro pilastro da adottare per la prevenzione o per impedire l’aggravamento di questa malattia  è l’Esercizio fisico (almeno un’ora di cammino più volte a settimana); esso  migliora la circolazione,  la nutrizione del cervello, tenendo anche sotto controllo la pressione arteriosa, il peso corporeo,  oltre ad   incrementare  la produzione di una sostanza denominata BDNF (fattore neurotrofico cerebrale) che favorisce la costruzione di nuove sinapsi e svolge un’azione protettiva e rivitalizzante  verso le cellule nervose.

  Oltre all’esercizio fisico risulta essenziale  anche l’esercizio mentale. L’Informatica per favorirlo  ha messo a punto  programmi di addestramento allo scopo di incrementare la  Riserva Cognitiva, un sistema moderno  per rafforzare la memoria. In breve più nella nostra vita stimoliamo naturalmente o con programmi adeguati la nostra mente più costruiamo delle interconnessioni cerebrali che prenderanno il posto di quelle che in futuro saranno perdute  in corso di un eventuale  deterioramento mentale.  Più siamo ricchi di sinapsi più possiamo far fronte ad un futura disfunzione cerebrale. Non necessita essere dei super scienziati   per avere una Riserva cognitiva adeguata,  basta una base scolastica  pregressa ampliata  da vari interessi e da semplici esercizi per mantenere fluida la nostra memoria e per allargare il nostro sapere. L’inattività crea la ruggine che non è un termine  pleonastico, ma  un fatto reale;  nel nostro caso è rappresentata  dalla Beta-amiloide.

 Il nostro cervello è simile ad un prototipo di una macchina che lasciato a lungo  a riposo  stenta  a rimettersi in moto. Ci si salva dall’Alzheimer soltanto se si coltivano interessi  anche al di fuori dell’ambiente di lavoro, se si rifugge l’isolamento  rapportandosi fattivamente con chi ci vive accanto.  Oggi,  soltanto una diagnosi precoce e l’accettazione di uno stile di vita secondo natura può tenere lontano almeno le gravi conseguenze di questa malattia; la speranza  di tutti è che ulteriori conoscenze possano rendere  il   futuro  libero   dall’Alzheimer, ritenuto fino ad oggi universalmente un vero e proprio flagello dell’umanità.

        

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