I MIGRANTI
DEL CONTINENTE AFRICANO: UNA PIAGA INSOLUTA CHE GENERA TRAGEDIE
Le notizie che oggi ci giungono sempre più tragiche ed
allarmanti dalle sponde del Mediterraneo, dai confini meridionali della Sicilia
ed in particolare dall’isola di Lampedusa a proposito dell’inabissamento delle
cosiddette “Carrette del mare” e dell’annegamento di centinaia di migranti
provocano sgomento e nel contempo una sensazione di impotenza data la vastità
del fenomeno che colpisce così tante persone in cerca di un riparo dalla
miseria più nera, dalla mancanza di libertà, da guerre senza fine in definitiva
popolazioni senza un barlume di speranza in un futuro più accettabile. Sono
persone disperate di ogni età, anche bambini molto piccoli, che vengono
sottoposti durante il tentativo di migrazione dalle loro terre di origine ad
angherie, soprusi e violenze di ogni tipo (soprattutto per quanto riguarda le
donne) da parte di personaggi criminali senza scrupoli che, in cambio di cifre
esorbitanti, promettono un rifugio insperato verso le coste europee attraverso
viaggi insicuri che in definitiva si traducono in veri e propri calvari su
imbarcazioni prive di qualsiasi elementare confort e molto antiquate sul piano
della tecnologia di navigazione.
I migranti fuggono
dalle loro patrie che un tempo furono terre di conquista da parte di alcuni
stati europei che, in nome di un’idea di dominio smisurato, imposero con la
forza politiche basate sullo
sfruttamento e sul controllo economico illimitato. Questo tipo di
espansionismo irriducibile si trasformò in una forma di imperialismo che si
tradusse in una tendenza all’allargamento
dei propri confini d’oltremare e nel contempo nell’imposizione di eventuali
sbocchi commerciali alle proprie produzioni. Tali politiche contribuirono a
trasformare la popolazione locale in un insieme di esseri umani privi di ogni
diritto. Pertanto la loro fuga oggi non ha alternative, ma è sollecitata
soprattutto da quell’innato istinto di sopravvivenza presente in ogni essere
vivente. La necessità di tale scelta è così grande che mettono in gioco la loro
identità, il loro senso di appartenenza e perfino una loro eventuale tragica fine. Tale forzata
migrazione verso l’Europa, che risulta essere un vero e proprio Exodus non
nasce per caso, ma ha delle precise origini
nel passato. L’Europa ed in particolar modo l’Italia dalla fine dell’ottocento e fino agli anni ’30
del secolo scorso, a causa
dell’eccedenza della popolazione e per una conseguente grave crisi di posti di
lavoro dovuta alla nascente rivoluzione industriale il tutto associato a disordini sociali e da malcontenti
insanabili, avevano bisogno di uno spazio vitale maggiore dove trasferire
un certo numero di persone al fine di
risanare questo squilibrio demografico. Questa politica di conquista non presentò un volto umano né un fine
modernizzatore al contrario considerò i
popoli soggiogati, a torto, esseri inferiori e pertanto furono impiegati nei lavori più umili e più faticosi in cambio di
modeste ricompense salariali e fu imposto a loro di vivere in abitazioni
primitive nei sobborghi più periferici delle
città; non furono offerti i
mezzi per acculturarsi e per progredire nella scala sociale, né per rinsaldare
il senso di appartenenza alla loro terra e alla loro bandiera, in breve fu
negata ogni integrazione sociale; tutto ciò si tramutò in una assenza completa
di promozione umana. Qualche storico
dell’epoca continua a riferire enfaticamente a proposito dei miglioramenti apportati dai colonizzatori di
allora alle infrastrutture dei luoghi di approdo come ad esempio: la
costruzione di ponti, di strade, di ferrovie, di ospedali, di scuole; se queste
migliorie furono realizzate certamente furono scarsamente al servizio della popolazione locale. Questa
politica colonizzatrice esercitata per
decenni si esaurì progressivamente con
la fine della seconda guerra mondiale. Ciò fu dovuto sia ad un indebolimento
economico post-bellico delle grandi
potenze europee sia alla pubblicazione della cosiddetta “Carta Atlantica”
dettata da W. Churchill e da F. D. Roosvelt in cui si enunciava il diritto di
autodeterminazione di tutti popoli
sottoposti a dominazione straniera e la conseguente affermazione universale dei
diritti di libertà.
Come si è visto la
politica coloniale in tanti anni non
soltanto non aveva creato alcun progresso tangibile nella vita di milioni di
persone, ma lasciava anche in eredità molteplici problemi di grave
sottosviluppo aggravati dai meccanismi
dell’economia mondiale; il tutto in
definitiva aveva reso difficile non soltanto la nascita dell’indipendenza
africana ma anche la creazione di
Nazionalità distinte ed autonome. A peggiorare questa problematica si associava la multiforme etnia dei vari popoli africani, l’importanza sul piano economico della loro residenza in aree costiere o dell’entroterra
in una stessa regione, la presenza di fedi religiose diverse oltre ad una esplosione demografica gigantesca e senza precedenti dovuta ad un
mancato controllo delle nascite; a conferma di ciò basta ricordare che la popolazione africana nel 1970 era di
400 milioni e ai giorni nostri sfiora il miliardo.
Date queste premesse si può dire tranquillamente che le
migrazioni massicce dei nostri giorni non si possono definire spostamenti
biblici, ma sono invece legate a pregresse
politiche non lungimiranti che
non hanno favorito una promozione umana civilizzatrice, ma al contrario hanno
permesso situazioni ambientali invivibili, precarie condizioni sociali, miseria
per scarsità di lavoro, un’assenza di scolarità, una sanità pubblica inesistente o quantomeno
di cattiva qualità e certamente non gratuita nei riguardi delle persone senza
reddito; a completare questo quadro
tragico anche oggi in assenza di
democrazia vengono inflitti persecuzioni e carcere per chi si ribella in un
clima di guerre fratricide senza fine.
Sono tutti questi
elementi che oggi fanno emergere nei
popoli africani il forte desiderio di
libertà che si traduce in una decisione irrefrenabile di fuga riponendo ogni
loro speranza nelle traversate del
Sahara e del Mediterraneo organizzate
da bande di criminali a cui per
necessità si affidano quotidianamente con i risultati tragici che sono sotto gli
occhi di tutti. Da quanto sopraesposto è
logico definire queste migrazioni di massa un fenomeno fisiologico,
storicamente giustificato ed attualmente
ineluttabile, altro che definirlo illegale e sanabile con
l’incarceramento di questi malcapitati e
di chi, mosso da sentimenti di solidarietà umana, offre in mare un aiuto per
salvare la loro vita. Al contrario dovrebbero trovare calda accoglienza e in
quanto profughi, nella maggior parte di essi, hanno il diritto
internazionalmente riconosciuto di essere considerati rifugiati politici provenendo da paesi governati da dittature in
perenne stato di guerra. L’Italia in primis e tutta l’Europa si devono far
carico di risolvere questo grave problema che attualmente esiste e di cui esse
stesse ne sono l’origine. L’Europa in particolare non può tirarsi fuori ignorando il fenomeno
migratorio e affermando che è soltanto un problema italiano. Prima di tutto
perché l’Italia fa parte della Comunità Europea, ma anche perché molti stati
europei in un passato recente svolsero una politica colonizzatrice in Africa che si caratterizzò per lo sfruttamento delle
terre conquistate in assenza di una promozione sociale per la popolazione di
allora. Se i governi europei fossero oggi lungimiranti, allo scopo di ridurre il fenomeno migratorio, dovrebbero
concorrere tutti allo sviluppo dei Paesi africani invece di lasciarli vivere nella miseria negando ogni evidenza storica. Soltanto in
questo modo il Mediterraneo cesserebbe di essere la tomba di milioni di disperati e tornerebbe
ad essere un confine sicuro e
naturale per l’Europa intera oltre che
il Mare Nostrum culla da sempre di civiltà e di progresso.
Nessun commento:
Posta un commento