martedì 18 dicembre 2012

I FUNGHI CROCE E DELIZIA DELLA NOSTRA ALIMENTAZUìIONE

I  FUNGHI CROCE E DELIZIA DELLA NOSTRA ALIMENTAZIONE

Le notizie diffuse dai media in questi ultimi giorni e cioè la morte di tre componenti di una famiglia residente a Cecina (Pisa), di altri due coniugi originari della Lomellina (Pavia) in condizioni disperate in attesa di trapianto epatico e l’effettuazione di due trapianti di fegato a Milano e a Bergamo quest’ultimo su un bambino di due anni colpiti da gravi epatiti fulminanti scatenate dall’ingestione improvvida di funghi velenosi, ha destato in me una particolare impressione tale da spingermi a delineare la problematica sulla pericolosità concreta dell’uso di alcuni tipi di questo alimento, pericolosità peraltro un po’ trascurata almeno sul piano divulgativo e che soltanto in alcuni periodi  dell’anno si attualizza fornendo notizie tragiche che una conoscenza appropriata del problema potrebbe scongiurare. Dagli accadimenti di questi ultimi giorni si conferma l’assioma che di funghi si muore oggi come in passato.
   Tali frutti che la natura ci mette a disposizione sono organismi vegetali atipici che crescono in centinaia di forme e colori e che generano un equilibrio ecologico fondamentale per i nostri boschi.
   La raccolta dei funghi, per molti appassionati, rappresenta una specie di sport che dovrebbe  permettere di far festa dopo una loro adeguata  preparazione culinaria; purtroppo non è sempre così perché  alcuni tipi sono commestibili, mentre altri sono velenosi anche in  piccole quantità  specialmente in  età pediatrica, per inciso ai bambini dovrebbero essere proibiti anche quelli commestibili.
Ecco l’importanza di far selezionare ciò che si raccoglie, indiscriminatamente, da persone esperte nella figura di un Micologo che molte ASL in tutta Italia mettono a disposizione; infatti fidarsi delle proprie certezze conoscitive può costare molto caro per quanto riguarda la nostra vita.
Per rendere l’argomento più  chiaro trovo utile suddividere i vari tipi di funghi in tre classi: I funghi commestibili,  i funghi velenosi e i funghi mortali. I secondi quasi  sempre  causano disturbi subito dopo l’ingestione   (breve periodo  di latenza),  quelli mortali  scatenano sintomi dopo 6  e fino a 36-48 ore   (lungo periodo di latenza).  Generalmente quelli a breve latenza  sono i meno pericolosi perché le loro tossine non sono troppo virulente soprattutto se è possibile mettere in atto dei presidi terapeutici come la lavanda gastrica, la somministrazione di carbone vegetale che rende inefficiente la tossina e l’infusione di una notevole quantità di liquidi appropriati per alcuni giorni. Al contrario quelli mortali a lunga latenza (Amanita Phalloides, Amanita Verna, Amanita Virosa e Cortinarius Orellanus)   sono dotati  di sostanze tossiche pericolose in quanto hanno un potere distruttivo su organi vitali come il fegato ( i primi tre) e il rene (il quarto) (con perdita definitiva della funzione renale a lunga distanza  dall’ingestione).  Il ritardo della loro  manifestazione sintomatologica  fa sì che gli interventi curativi si  mettono  in atto quando ormai i principi tossici hanno invaso l’organismo e il materiale ingerito è stato assimilato. Quando le tossine hanno completato i danni sugli organi bersaglio l’exitus  purtroppo è la regola a meno che non si abbia la fortuna di avere la disponibilità di un organo compatibile da trapiantare. Ecco l’importanza della tempestività delle cure mediche!
Mi preme sottolineare che per tutti i funghi velenosi sia quelli a breve latenza sia quelli a lunga latenza i sintomi iniziali sono quasi sempre a carico dell’apparato gastro-enterico (nausea, vomito, diarrea, dolori addominali, sete intensa, iper-salivazione). In questa fase il ricovero deve essere immediato. I presidi terapeutici inizialmente sono i medesimi.
    Nel caso di una intossicazione da funghi a breve latenza la guarigione è quasi la regola,  nel caso di quelli a lunga latenza divenendo più preoccupanti e impegnativi i segni clinici l’intervento medico deve essere più intensivo e più invasivo per cercare di ridurre la  prognosi infausta.
E’ necessario,  qualora fosse possibile,  ricercare con l’aiuto del laboratorio (con il metodo Elisa) la presenza della tossina specifica (l’Amanitina o l’Orellina)  esaminando un piccolo campione di urine prima dell’inizio di qualsiasi trattamento; la positività di tale test permette al medico di adeguare la terapia al caso in questione   come ad esempio  l’utilizzazione di un mezzo terapeutico sofisticato come ad esempio il  M.A.R.S.  più semplicemente detto “Fegato Artificiale” che ha la capacità di rimuovere sostanze tossiche in un fegato in tilt in attesa di una ripresa di funzione o di un trapianto,   senza peraltro  tralasciare l’infusione di grandi quantità di liquidi appropriati in associazione ai mezzi terapeutici basilari sopracitati per l’eliminazione del cibo tossico.
     In questo tipo di intossicazione sarebbe importante avere anche  a disposizione un antidoto specifico per contrastare l’azione della tossina in questione.
Consultando soprattutto la letteratura tedesca a tal proposito ho avuto modo di scoprire che i presidi d’urgenza di medicina intensiva degli ospedali tedeschi hanno in dotazione una sostanza ricavata da una pianta millenaria  il “Cardo Mariano” denominata Silimarina anti-epatotossico per eccellenza (il cui nome commerciale è “Legalon”)  che iniettata precocemente  per via endovenosa in dosi prestabilite in base al peso del paziente e per la durata di 3-4 giorni, riduce di molto la mortalità. Secondo il sito tedesco “aponet.de” nell’intossicazione più grave da “amanita falloides,  se  trattata con Silimarina, la mortalità si riduce dal 30% a meno del 10%. Il meccanismo di azione, verificato anche sperimentalmente, dà luogo ad un blocco a livello di  particolari recettori della tossina presenti sulle membrane delle cellule epatiche impedendone l’ingresso e quindi i danni relativi (Hichino H. e coll.: Planta Medica, 248-250, 1984;  Albrecht M., Frerick H.: Z. Klin. Med.47, 87-92, 1992).
Questa sostanza svolge inoltre una notevole azione antiossidante,  dieci volte superiore a quella offerta dalla vitamina E, molto utile per ridurre il danno dell’organo interessato, associata ad un incremento della sintesi proteica fondamentale per la ricostituzione del patrimonio cellulare epatico.
  Ho chiesto ai responsabili di alcuni presidi ospedalieri d’urgenza italiani se utilizzavano  la Silimarina in casi di intossicazione da funghi,  la risposta è stata negativa perché non conoscendola  non avevano alcuna esperienza nel merito. La proposta terapeutica offerta dai medici rianimatori tedeschi, data l’efficacia e l’assenza di pericolosi effetti collaterali,  dovrebbe essere accolta  dai colleghi italiani anche perché non si hanno altri antidoti sicuri a disposizione.
  Poiché, come si è visto,  le terapie messe in atto a tutt’oggi risultano efficaci ma non sempre, le armi  vincenti  come in altre patologie rimangono  la prevenzione e la precocità dell’intervento medico.
A tal proposito bisogna considerare i funghi frequenti “mine anti-uomo”   e di conseguenza evitare a tutti i costi il comportamento “fai da te” di fronte ad una ricca raccolta degli stessi (in due città come Empoli e Varese si sono verificati nelle ultime settimane complessivamente 100 casi di avvelenamenti per fortuna non mortali) ; pertanto  è necessaria una corretta valutazione di un esperto prima di accingersi a degustarli. Se dopo un lauto pranzo ci fosse  il sospetto  di aver ingerito materiale fungino anche in piccola quantità e dovessero comparire sintomi acuti digestivi è fondamentale consultare un Pronto Soccorso portando con sé , quando è possibile, un residuo del cibo sospetto per eliminare il dubbio sulla  sua natura  con l’aiuto  di un micologo  disponibile  per iniziare eventualmente  un trattamento adeguato senza ritardi ed incertezze, perché il successo della cura  sta  nella sua precocità.
  Da quanto sopradetto  risulta auspicabile che l’adozione di adeguati percorsi conoscitivi,  comportamentali e preventivi per quanto riguarda l’uso dei funghi a tavola   possa allontanare lo spettro dei gravi rischi a cui si può andare incontro e nello stesso tempo lasciare intatto il piacere di degustarli con serenità  come cibo conviviale per eccellenza. 
        
      



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